P. Mario Sangiorgio
P. Mario Sangiorgio
nato a Biassono (MI) iil 5 aprile 1923
è morto a Bolognano (TN) il 12 settembre 2016
Non si sbaglierebbe a dire, ora che questa caratteristica appare molto insistita negli scritti dei Superiori maggiori e nei testi della Congregazione, che p. Mario Sangiorgio è stato nella sua lunga esistenza anche un anticipatore della internazionalità come caratteristica del dehoniano.
Nato nel 1923a Biassono, provincia e diocesi di Milano, nella locale parrocchia di San Martino ricevette i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Quanto alla Cresima la ricevette dal beato Alfredo Ildefonso Schuster, cardinale arcivescovo di Milano.
Entrato alla scuola Apostolica di Albino, dove fece gli studi medi e ginnasiali, frequentò poi il liceo seguendo nel suo pellegrinare lo Scolasticato che tra il 1941 e il 1943 fu a Castelfranco di Sopra e poi a Foligno. Prefetto a Pagliare, studi di teologia a Bologna (1945-1949) vi ricevette via via tutti i ministeri e gli ordini. Laureato in Lettere alla Cattolica di Milano nel 1955, nell’Istituto era stato vicerettore e insegnante ad Albino (1953-1961), rettore e insegnante a Padova – Scuola Missionaria (1961-1967), rettore a Bologna Centro Dehoniano (1967-1970), Consigliere provinciale (1960-1963 e 1969-1972). Nel 1974 aveva scelto di andare a lavorare con gli emigranti italiani in Germania. Fu così a Lippstadt (1974-1991) e, per qualche tempo, anche responsabile ed economo della Comunità territoriale.
Tornato a Milano, I era stato superiore delegato e Segretario delle Missioni tra il 1991 e il 1996. Trasferito a Genova fu rettore di quella comunità dal 1996 al 2001, quando chiese di recarsi in Camerun (1 agosto 2001) dove fu parroco della parrocchia di St. Anne a Ndoungué avendo chiesto il passaggio dalla Provincia IS (ITS) a quella CM (CMR). Il 9 settembre 2004 ricevette l’attestato d’onore di Tà Beù ghoun.
Rientrato in Italia e destinato a Genova dal 2005, chiese e ottenne il 3 dicembre 2008 il trasferimento dalla Provincia del Camerun a ITS. A Genova era rimasto per circa otto anni (2005-2013) per essere poi destinato a Bolognano dove risiedette dal 25 settembre 2013 fino al giorno della morte, la sera del 12 settembre, dopo avere ricevuto l’unzione degli infermi.
Come lasciato scritto nel testamento i suoi funerali si sono tenuti a Biassono ed ivi è stato sepolto.
Oltre le date
Si peccherebbe di ingenuità pensando che in questo pugno di date e di riferimenti biografici sia compendiata la complessa e ricca esistenza di un uomo, religioso, sacerdote e missionario la cui vicenda umana si è arricchita di una molteplicità di frequentazioni, incarichi, riconoscimenti, contrasti anche, perché i tempi della vita della Provincia sono stati nella sua esistenza, come in quella di altri contemporanei a lui, quelli che sappiamo: a tratti esaltanti a tratti complessi, a tratti segnati dalla crescita a tratti appunto dai contrasti, dal ridimensionamento e dalle crisi. Tutto ciò all’interno di una storia e di un disegno che ha le sue coordinate umane e provvidenziali, tutte ugualmente importanti, tutte ugualmente faticose. La loro comprensione supporrebbe approfondimenti ben altri che quelli che si attuano frettolosamente per stilare quello che in gergo si chiama “coccodrillo” e che nella sostanza dovrebbe essere una onesta rivisitazione delle opere e dei giorni di coloro che ci si accinge a consegnare alla terra per quanto riguarda il corpo, e alla misericordia di Dio per quanto riguarda l’insieme della loro vita e delle loro opere.
Da buon religioso, p. Mario Sangiorgio, ha lasciato un testamento recente in cui dichiara di non avere nulla da lasciare in eredità, e di non essere titolare di conti bancari aggiungendo che tutto ciò che dovesse risultare preso di lui, è della comunità e se denaro vi fosse sia destinato alle missioni.
Preveggente, lui che aveva scelto di andare a Bolognano quando aveva avvertito l’appesantirsi dei suoi giorni, ha voluto anche lasciare scritto: «quando per malattia o altre cause non sarò più in grado di decidere coscientemente, delego il mio diretto superiore a scegliere al mio posto».
Peccato che i testamenti vengano letti dopo la morte. Moderno e aggiornato – aveva trascorso non breve periodo al Centro Dehoniano quando maturavano i tempi della grande crescita di quella realtà – p. Mario Sangiorgio nello scritto delle sue ultime volontà ha fatto anche quello che oggi siamo ormai soliti chiamare testamento biologico, precisando di non desiderare accanimento terapeutico e di volere che gli fossero praticate solo le cure strettamente necessarie, anticipando il consenso a interventi medico-chirurgici o cure che potessero dare benefici senza rischi e delegando il suo superiore a rappresentarlo in campo medico sanitario e per il consenso informato.
La Missione e le missioni
Che la Missione o, se si preferisce, le missioni fossero state da sempre un suo punto fisso, lo si desume da una lettera del 1948 all’allora Superiore provinciale nella quale chiedeva di essere destinato al Mozambico, ma anche da diverse altre che tornano sull’argomento Africa. Nel 1966, nel giorno di S. Francesco Saverio suo patrono nella vita religiosa aveva provato a ritornare alla carica con il Provinciale, puntualizzando questa volta «per tre anni al Camerun o comunque per qualsiasi nostra missione in Africa».
Più recentemente una lettera del p. Generale Ornelas Carvalho segnalava nel 2007 che era pervenuto uno scritto con la di lui disponibilità missionaria e lo ringraziava di quel suo gesto espressione di sensibilità alla Missione e a sostenere l’impegno della Congregazione a fare di Cristo il Cuore del mondo. Il Padre scriveva di considerare il suo interesse, il suo «sostegno nella preghiera e l’oblazione della vita come un grande tesoro su cui la Congregazione faceva affidamento per camminare con fedeltà sulle orme della Parola, facendo conoscere l’amore di Dio a tutti i fratelli e sorelle fino ai confini della terra».
Anche al momento di redigere la domanda del passaggio di Provincia, cioè di fatto del ritorno giuridico da CMR a ITS annotava «la decisione che ho preso in parte mi rattrista perché il mio desiderio era di poter restare fino alla fine in terra di missione, ma realisticamente so che le mie forze sono venute meno e quindi non potrei svolgere alcun compito in terra di missione».
Era stato anche per un certo periodo Segretario delle Missioni, nomina che gli era pervenuta mentre era ancora nella Missione cattolica Italiana di Lippstadt dove gli sarebbe subentrato di lì a poco p. Pierino Natali che, nella sua generosità, Sangiorgio definisce «uomo di fede e di preghiera» che ha lasciato già alla sua prima visita «buona impressione a chi l’ ha accostato». Nell’uno e nell’altro contesto missionario lasciò un buon ricordo come testimonia per il Camerun l’onorificenza che gli fu attribuita dal Conseil Supérieur de laChefferie de Ndoungué Bang il 09 septembre 2004 «vue le satisfecit manifesté par les populations… pour toutes ses bonnes oeuvres durant le séjour à Ndoungué». E in Germania i ringraziamenti al momento della cessazione del suo servizio.
Aveva scritto di missioni e sulla Missione, resta il libretto a Ndoungué e dintorni (Macherio 2002), e uno scritto a metà tra memoriale e statistica in cui si è impegnato a fare l’elenco dettagliato della presenza missionaria di SCJ italiani e nel quale elenca i missionari defunti sul totale dei defunti SCI, i missionari italiani attualmente (2000) presenti sul totale di SCJ italiani, il rapporto tra ordinazioni sacerdotali e invio di missionari nel periodo 1980-1999.
Ultimamente si era cimentato anche con una raccolta di brevi necrologi sui confratelli passati a miglior vita e un altra di pensieri ispiranti, in parte suoi in parte antologici, sotto il titolo «Nunc dimittis servum tuum». In uno datato al 29 settembre del 2010 si legge: «Settant’anni dal giorno della professione religiosa: nel 1940 ad Albisola eravamo 39. Nel cinquantesimo eravamo presenti in 13 per celebrare l’anniversario. Oghgi rimaniamo gli ultimi sei: Pezzotta Edoardo, Caglioni Battista, Gadotti Domenico, Bonalumi Giovanni, Venturini Onorino e il sottoscritto».
Appunto.
E del resto un mese dopo aveva scritto: «“Nella pena fiducia che, come sempre, anche ora Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia” (Fil 1,20). “Anche ora”: nella mia vecchiaia».
Presente e partecipe
Si era mantenuto presente e “partecipe” alla vita della provincia come testimonia un foglio volante con le sue risposte in preparazione al Capitolo [?]. Una fra le altre: «Occorre spirito di adattamento per le attività tradizionali: investire l’azione missionaria (tradizionale) nell’impegno per e tra gli immigrati; sostenere la pastorale vocazionale nei paesi (province) che hanno vocazioni (in Africa e in Asia); eventuale periodo di formazione presso una delle comunità; gli studi di teologia e università in strutture dehoniane internazionali».
E, se a livello di esemplificazione di attività per un futuro provinciale qualificato e possibile indicava nel sociale le opere del Villaggio e il Centro Dehoniano, in campo educativo la scuola di Monza, per la pastorale la casa di Albino, un santuario, alcune (poche) parrocchie e, per la spiritualità, Capiago, il sogno che proponeva era «che lo Spirito del Signore susciti in alcuni confratelli della ITm e della ITS la volontà e la potenza di costruire insieme una comunità segno di riconciliazione e di fraternità» e un altro sogno «che i confratelli d’Asia e d’Africa e America del Sud arricchiscano la Congregazione con l’apporto specifico della loro cultura e spiritualità».
Si è detto all’inizio della Cresima ricevuta dal beato cardinale e Schuster. Per chiudere in bellezza questo piccolo ricordo di padre Sangiorgio forse è bene non trascurare che con beati e santi aveva avuto una frequentazione tutt’altro che trascurabile. Non sappiamo di santi e beati “comuni” che forse sopraggiungeranno nei rispettivi album di qui a qualche tempo. Lui stesso tuttavia ricorda di quando Madre Teresa di Calcutta fu a Lippstadt (1976) e tenne a Josephkirche una discorso al quale era stato presente. Per quanto riguarda invece “personaggi” oggi beati o santi diremo – una volta premesso in anticipo non ci è del tutto chiaro come andarono le cose con il beato Paolo VI, ma sappiamo tuttavia che per più d’uno, forse, anche al Centro Dehoniano, quei tempi furono caratterizzati da posizioni a dir poco dialettiche – di certo, e non è una contrapposizione, che del resto non avrebbe alcun senso, deve avere provato entusiasmo per il “papa buono”, come talora lo si definì. Nel suo corredo funebre esiste infatti una bella foto che lo ritrae giovane in quel di Songavazzo, alle spalle del Patriarca Roncalli, oggi San Giovanni XIII, mentre allunga una mano preoccupato di assisterlo.
Una lettera infine del Servo di Dio Bernardo Longo, in fotocopia autenticata dall’allora archivista p. Tarcisio Battista Rota informa di una qualche consuetudine epistolare di p. Sangiorgio con il missionario martirizzato dai Simba nel 1964. Risale alla IIa Domenica di Pasqua del 1948. Il Servo di Dio che gli racconta delle sue imprese apostoliche, tra le altre cose, scrive a Fratel Sangiorgio: «le vostre lettere mi fanno tanto bene e le vostre “chiacchierate” mi piacciono, perché chi mi dirà che sono italiano, se non le vostre lettere…».
Ora che è passato a miglior vita come si dice talora per quello strano pudore che fa preferire i giri di parole alla verità nuda delle parole povere, un ultimo pensiero sulla morte ripreso dalla raccolta citata sopra: «È difficile sentirsi a proprio agio con la realtà della morte. Mi incoraggia il pensiero che, quando Dio mi accoglierà come un padre, mi chiederà una cosa sola. Mi chiederà di dirgli ciò che egli già conosce perfettamente: come mi chiamo, cioè chi sono. È in sostanza la stessa domanda che Gesù pose a Pietro: Mi Ami?^ Nella risposta a quella domanda io affido la storia della mia vita nelle mani di Dio».
Il pensiero è del vescovo dehoniano Paul Verschuren.
Mario Sangiorgio tuttavia ha aggiunto «Vorrei far mie queste parole del confratello dehoniano vescovo di Helsinki».