P. Giuseppe Ornaghi

P. Giuseppe Ornaghi

Giuseppe Ornaghi

Nato a Treviglio BG 23.12.1938 – defunto a Monza 24.05.2017

Abbiamo fatto per due anni consecutivi il “Mese di prova” a Santa Giuliana di Levico, all’epoca dei Padri Torrenti, Padovan, Ceccato, quando i “reclutatori” in Trentino, Veneto e nel bresciano erano diversi. Ce lo siamo ricordato poco più di tre settimane fa a Garbagnate dove, con i residui e validi colleghi del suo corso, lui aveva festeggiato il cinquantesimo di Ordinazione.

P. Giuseppe Ornaghi penso abbia già perdonato di averlo ringiovanito di un anno nel comunicato inviato alla curia Generale e alla Provincia e sarà persino soddisfatto – come del resto chi scrive – per il fatto che lo ricorderemo recuperando un profilo con le cose che lui stesso aveva scritto a Filippo Cardillo qualche anno fa per ricordare un anniversario importante della vita religiosa.

«Ho fatto il prete educatore fino a che non mi hanno chiuso il seminario e poi mi sono inventato […] Fare la cronaca può essere facile, leggerla più difficile, perché i sentimenti di chi scrive sono certamente diversi da quelli di chi li legge. Comunque proviamo a celebrare il giorno della “memoria” religiosa[1], visto che tutti gli amici, o quasi, hanno provato a fare questo sforzo.

Il percorso è iniziato ad Albino nel settembre 1952, dopo una breve esperienza di lavoro che feci, terminate le elementari. Occasione speciale è stato il mio ingresso alla Scuola Apostolica di Albino. Avendo aggiustato la moto a un padre di passaggio a Treviglio, mia città natale, tramite lui ho conosciuto la scuola apostolica di Albino, non molto distante dal paese. L’avventura inizia qui.

La vita ha continuato, come quella di tutti gli amici di classe: Albisola noviziato (1957-58), Monza liceo (1958 – 62), la prova del fuoco a Padova come prefetto e infine la teologia a Roma Collegio internazionale, per l’Università Gregoriana, dove ho conseguito la licenza in teologia nel 1968.

Ho frequentato anche l’Ateneneo Salesiano (allora PAS), senza arrivare alla licenza per la fretta dei Superiori a inserirmi nel lavoro, giudicando la mia preparazione sufficiente anche senza titolo!

Nel frattempo sono diventato sacerdote 23.12.1967. I primi anni si consumarono a Palagano; casa nuova, 93 ragazzi, isolato dal mondo. Sugli Appennini modenesi viveva gente semplice, un po’ primitiva, ma ben disposta alla formazione.

La prima partenza avvenne tre anni dopo[2]; ritornai ad Albino nel 1973. La trovai come l’avevo lasciata. Mi misi all’opera per ristrutturare l’ambiente educativo (fresco di Università)[3] e non potete immaginare quali ostacoli ho dovuto superare, un po’ come il Concilio di fronte al mondo conservatore del tempo.

Gli sforzi, la pazienza e qualche collaborazione mi aiutarono nell’impresa. Rimasi sino al 1986. Già c’era nell’aria qualche malcontento circa i seminari minori; per facilitare la chiusura bisognava eliminare chi credeva in questa longeva istituzione e che avrebbe  pensato a una riqualificazione per vocazioni adulte. Ma feci fagotto e andai a Capiago[4]. Lavoro di predicazione, formazione delle famiglie, corsi di esercizi.

Nel 1996 ritorno in patria, senza infamia e senza lode! Ho dovuto inventarmi nuovamente[5] perché la scuola Apostolica di Albino aveva assunto la qualifica di “Casa di accoglienza”, per cui bisognava trovare lavoro. Così ho fatto fino ad ora. A Bergamo ci sono circa 850 sacerdoti, molti Istituti religiosi, per un milione di abitanti. Spazi stretti per noi. Si dice che la volontà di Dio è molto strana, però non avevo considerato che Dio facesse il postino, spostando la gente come pacchi! Almeno il carissimo p. Dal FAbbro, non ci aveva mai spiegato tutto questo; e lui ha sofferto la sua parte per “merito” dei superiori.

La cronaca è tutta qui. Vedendo tanti amici del passato quale riflessione ho fatto? Una seriamente: ho considerato le cose in modo maturo. Facendo passare l’elenco mi sono ricordato di tutti e mi sono detto : “Sei un ingrato perché da tutti hai ricevuto qualcosa di Buono”; se ho potuto fare qualche cosa buona nella mia vita è perché sono stato aiutato da chi camminava al mio fianco (nome per nome).

Senza accorgersi, i veri educatori sono i genitori per i figli, gli amici per chi vive nello stesso ambiente, i colleghi…. Non sono state le conferenze a renderci più uomini, ma il vedere i sacrifici che ognuno affrontava in silenzio, i momenti di riflessione e di angoscia prima delle decisioni e le attese che ognuno desiderava, magari svanite prima ancora di essere  raggiunte.

Il mio sentimento è un  “grazie” a tutti, qualunque sia stato il destino di ognuno, e spero che tutti possano ricordare qualcosa di buono che ha avuto durante i verdi anni; sono sicuro che anche a loro è servita la mia presenza e i difetti siano caduti come foglie di quella stagione, che ricordo con tante emozioni».

Finito a Milano[6] in due diverse circostanze della vita, era stato Assistente religioso alla Cattolica e si era fatto apprezzare come scrissero Mons. Ghidelli e poi Mons. Tettamanzi segretario della CEI chiedendo ai superiori di consentire il rinnovo dell’incarico.

A Milano era stato anche apprezzate confessore del Duomo e negli ultimissimi anni esorcista, incarichi esercitati poi anche a Monza in quello che è stato di fatto l’ultimo periodo della sua vita. Aveva sofferto di cuore e negli ultimi tempi di altri disturbi.

Nella notte tra il 23 e il 24 maggio un brutto infarto lo ha finito. La Comunità forzata la porta lo ha trovato supino e già freddo.

Il funerale è stato nella parrocchia di S. Martino – Basilica in Piazza del Comune – a Treviglio (BG), come aveva indicato lui stesso, venerdì 26 maggio alle ore 16.15, presideduto dal padre Provinciale, con tanti confratelli e amici.

Nel suo racconto o meglio, come lui stesso l’aveva chiamata, nella cronaca della sua vita che abbiamo ripreso sopra prendeva congedo con un saluto valido per l’occasione per la quale era stato scritto, ma non dubitiamo che valga anche oggi, come intercessione: “Vorrei augurare a tutti una buona continuazione nella vita assicurando il mio ricordo nella preghiera che viaggia più veloce con le ali dell’ affetto”.


[1] Allusione al 50° di Professione.
[2] A Palagano era tornato in seguito (1993-1996) per svolgere il ministero pastorale.
[3] Ad Albino svolse il ruolo di educatore dal 1973 al 1976, quindi quello di Rettore .(1976-1979) e di nuovo di educatore (1979-1986)
[4] 1986-1991.
[5] Dal 1996 al 2009)
[6] 1991-1993 Assistente alla Cattolica e poi 209 -2014 confessore del Duomo.


Omelia del funerale di p. Giuseppe Ornaghi
Treviglio (BG)26 maggio 2017

 Carissimi, familiari, parenti e amici di p. Giuseppe, carissimi confratelli,

siamo qui per dare l’ultimo saluto a p. Giuseppe sostenuti dalla fede in Cristo risorto e confortati dalla materna intercessione di Maria. Sentiamo anche noi la nostra “debolezza”, riconosciamo i nostri occhi impediti, presentiamo il nostro volto triste e tirato perché abbiamo perso un fratello/confratello, ma lo facciamo con il cuore che arde di vita perché ci fidiamo dell’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori e li sa “rovesciare”, sconvolgerli e aprirli.

È la forza della fede che anche in questa giornata noi vogliamo sperimentare. Quella forza che p. Giuseppe ha conosciuto nella sua vita, tra alti e bassi, fino all’ultimo suo giorno di vita. In una breve lettera dello scorso 17 dicembre parlandomi del ministero della misericordia che negli anni lo ha visto sempre più impegnato e appassionato mi scriveva: “Il ministero della misericordia che svolgo con sacrificio ed entusiasmo mi riempie di gioia e di esultanza nel Signore. Credo che dimostrare l’amore del S. Cuore e far emergere la sua misericordia siano in sintonia con il nostro Carisma. Prego per te e per tutti noi perché il Signore dia a tutti un po’ di “grinta” nel buttarsi nella mischia nonostante gli insuccessi”.

Non la “grinta” che si fa largo con l’aggressività e la forza, figlie della voglia di primeggiare, ma la determinazione di chi cammina con speranza nelle vicende quotidiane, attraversandole tutte fidandosi della sola Parola che sa “far ardere” il cuore e mettere in movimento anche la vita che sembra troppo appesantita per poter stare in viaggio. “Gli ultimi anni di un prete – mi scriveva p. Giuseppe – non sono meno fecondi dei primi; manca lo smalto giovanile ma anche la saggezza ha il suo fascino!”.

Amore, accompagnamento, discernimento” sono tre parole tratte dall’esortazione apostolica di papa Francesco “Amoris laetitia” che p. Giuseppe ha scelto per descrivere la sua vita religiosa e sacerdotale e in particolare il suo ultimo periodo di ministero. Descrivono molto bene tutto il suo tragitto pastorale, fatto soprattutto di formazione (a Palagano nel modenese, e ad Albino), annuncio del Vangelo (nelle comunità di Capiago e Albino come responsabile e animatore di esercizi), ministero della misericordia come confessore e ultimamente come esorcista.

Come Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù siamo chiamati ad essere “profeti dell’amore”, mettendoci a fianco – usando sempre parole di p. Giuseppe – “con le pecore ammalate, soffrendo con chi soffre, pregando per chi non lo sa più fare”.

«La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» abbiamo ascoltato nella Lettera ai Romani e “misericordioso e pietoso è il Signore” abbiamo ripetuto con il salmo 102. Siamo al cuore della nostra vita cristiana e della nostra vita dehoniana. Ma siamo anche al nocciolo della vita.

L’amore di Dio per me, per ogni persona è l’essenziale. L’amore per l’altro, ogni altro, è l’essenziale. L’amore ricevuto dall’altro è essenziale.

Per noi Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù al centro della vita, prima che della predicazione, c’è l’amore di Gesù che ha tanto amato il mondo da dare la sua vita in riscatto per tutti. Un’offerta che chiede a noi abbandono, apertura, disponibilità donata, perché il suo amore vale più della mia vita.

Ancora oggi, insieme, ripetiamo che “Cristo è morto per noi”, che lui è la “nostra riconciliazione”. È con questa fiducia che affidiamo a Lui il nostro fratello Giuseppe.

Cristo è per noi: lo ridiciamo anche in tutte le situazioni segnate dalla sofferenza e dalla morte, quelle situazioni che non ci piacciono e non accettiamo a cuor leggero. Lo ripetiamo come “grido di fede” che sgorga dal cuore e dalla vita di chi ha cercato di fare della propria vita un dono d’amore per i fratelli nel nome di Dio amore.

Noi tutti – novelli compagni di Clèopa in cammino verso i tanti personali rifugi della nostra vita – siamo richiamati e inviati nel quotidiano a fare esperienza della Parola che rende “sapiente” e “veloce” il nostro cuore e il nostro atteggiamento.

Una Parola che ci fa capaci di invitare chiunque all’imbrunire per “spezzare il nostro pane”.

Una Parola che ci riporta sempre più all’interno delle nostre case e comunità perché siano racconti di speranza e di vita.

Come è stato per chi ha visto e incontrato il Signore Risorto. Solo così l’amore del Padre che è stato riversato nella nostra vita da Gesù non sarà dimenticato e soprattutto non sarà giudicato parola vuota. La vita donata per amore è sorgente di vita ulteriore, che sana le ferite personali e sociali. È questo quello che ogni giorno dovremmo ricordare: siamo persone “riconciliate” pur riconoscendoci sempre in cammino. È questa tensione che il Vangelo sempre ci chiede.

Ciascuno di noi, con le proprie qualità e limiti, è chiamato a riconoscere di essere oggetto dell’amore di Cristo, che ha fatto della sua vita un dono per ciascuno di noi proprio perché “deboli”, da accompagnare, da rinforzare con la sua Parola. Ciascuno di noi è chiamato a riconoscere la vitalità della Parola che ci riconcilia con Dio, noi stessi e gli altri. Una parola che costruisce comunione e rompe ogni oscurità che separa dagli altri. Una Parola che si fa pane condivisibile. Una Parola che si fa per ciascuno di noi ascolto, misericordia, guida.

È a questa parola di riconciliazione e di pace che oggi noi consegniamo il nostro fratello Giuseppe certi che è con i giusti nella vita eterna.

Caro p. Giuseppe, grazie per quanto hai donato e testimoniato con la tua vita: ti affidiamo, nella fede comune, all’amore del Padre che in Gesù Cristo ha riconciliato la nostra vita. Tu chiedi per noi perseveranza, santità e accoglienza.

Grazie p. Giuseppe. Il Cuore amorevole di Gesù ti accolga nella sua pace. Amen.

P. Oliviero Cattani, scj
superiore provinciale

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