Messaggio finale del XXIV Capitolo Generale
La sfida di questo Capitolo
- Riuniti a Roma, dal 14 al 27 luglio 2018, abbiamo celebrato il XXIV Capitolo generale dal titolo «Con cuore e mente aperti alle esigenze della Chiesa e del mondo». Noi, 78 membri del Capitolo, che durante queste due settimane ci siamo posti in attento ascolto reciproco, desideriamo inviarvi questo messaggio finale affinché anche voi possiate ascoltare, animati dallo Spirito, ciò che noi abbiamo ascoltato e discusso con cuore e mente aperti.
- Riconosciamo nel Capitolo che abbiamo celebrato un kairos di grazia. Siamo stati tutti sorpresi dalle circostanze che hanno condotto alla convocazione di questo Capitolo, ma proprio perché messi di fronte a un evento imprevisto, vi abbiamo riconosciuto un’opportunità inedita. Per usare le parole di Papa Francesco, abbiamo sperimentato come il Capitolo sia «tempo propizio per esercitare lo spirito dell’esodo e dell’ospitalità» e «per rinnovare la docilità allo Spirito che anima la profezia»[1].
Con votazione formale[2], il Capitolo ha raccomandato che il Governo Generale consideri nel suo programma gli orientamenti del 23° Capitolo Generale in corso o non ancora implementati e che non siano stati esplicitamente modificati dal 24° Capitolo Generale.
- Il primo giorno del Capitolo, suor Nicla Spezzati, ASC ci ha ricordato il processo carismatico in cui la Congregazione si trova. In quanto «comunità narrante» possiamo «raccontare insieme, in modo differenziato, la premura di Dio e i suoi disegni ancora incompiuti, affidati alle nostre mani». Per questo dobbiamo approfondire la nostra vocazione di uomini spirituali e mistici della carità. In questa luce siamo entrati in Capitolo e nei prossimi sei anni della vita della Congregazione, cercando di porre il mistero del Cuore di Cristo al centro della nostra vita e di quella della società.
- Il nostro capitolo non aveva un tema specifico da trattare. Abbiamo avuto soprattutto l’occasione di metterci in ascolto reciproco condividendo la vita delle nostre entità a partire dalla prospettiva dei diversi continenti in cui siamo presenti e trattando temi che coinvolgono tutta la Congregazione. È stato un modo privilegiato per vedere come si vive il Sint unum all’interno della Congregazione e per apprezzare la stima e la fiducia che viviamo tra noi. A partire da quanto ci siamo detti, vogliamo accentuare le seguenti sfide e prospettive.
La nostra identità
- Al fondamento della nostra fraternità e della nostra missione c’è il nostro specifico modo di leggere il Vangelo a partire dalla spiritualità del Cuore di Gesù, nell’ottica dell’esperienza di fede di padre Dehon. In questo senso, è di grande valore il lavoro svolto dal Centro Studi Dehoniani, che si propone di approfondire la conoscenza dei testi di padre Dehon e della sua spiritualità. Visto che la figura del Fondatore e la stessa regola di vita non sembrano essere, per diversi confratelli, autentiche fonti di ispirazione, è necessario sostenere la finalità del Centro Studi Dehoniani di tenere vivo il patrimonio carismatico e spirituale del nostro Istituto. Mentre confermiamo la bontà delle borse di studio offerte ad alcuni dei nostri confratelli per approfondire la ricerca in questo ambito, auspichiamo che si trovino modi per una maggiore diffusione degli studi dehoniani nelle varie entità della Congregazione.
- In ogni area geografica, inoltre, si apprezza il ruolo delle Commissioni teologiche continentali, a cui è chiesto un ruolo di animazione rispetto alle singole entità per poter crescere nella nostra identità carismatica. Un ruolo importante, nell’approfondimento del nostro carisma, è svolto anche dalla famiglia dehoniana.
- Con votazione formale[3], il Capitolo ha raccomandato che il Governo Generale costituisca una commissione per la revisione delle traduzioni e edizioni delle Costituzioni e del Direttorio Generale secondo l’edizione tipica francese della Regola di vita e le modifiche apportate nei Capitoli generali precedenti.
Collaborazione e internazionalità
- Abbiamo compreso quanto sia importante collaborare insieme, condividendo attività e progetti, e accogliendo confratelli di altre entità. Il crescere dell’internazionalità è un fatto che ci rallegra e che ci chiede di assumere una nuova prospettiva, anche se siamo consapevoli che occorre definire criteri per lo scambio tra le entità, sia a livello di confratelli, sia a livello di beni economici.
- Mentre alcune entità stanno conoscendo una forte crescita, diverse altre entità della Congregazione registrano un preoccupante calo vocazionale che non solo determina la chiusura di attività e di comunità ma induce anche un senso di rassegnazione e di scoraggiamento[4]. Riteniamo che anche in questi contesti non debba venir meno la speranza, motivata dalla ricchezza del carisma che abbiamo e che può parlare anche a una società sempre più secolarizzata.
- Ribadiamo l’importanza della comunità del Collegio internazionale di Roma come luogo di formazione a servizio di tutte le entità della Congregazione. La sua dinamica comunitaria è luogo privilegiato in cui si sperimenta l’internazionalità e l’interculturalità. Il suo progetto formativo deve essere chiaro e rispettato da tutti.
- Con votazione formale[5], il Capitolo raccomanda che il Governo generale approfondisca i criteri di invio e inserimento nella vita delle comunità ospitanti dei confratelli mandati a perfezionare i propri percorsi formativi e/o di studio nelle altre Entità della Congregazione. Tali criteri saranno presentati in un prossimo raduno dei Superiori maggiori.
Vocazioni e formazione
- Nella pastorale vocazionale troviamo una delle questioni più urgenti per la nostra Congregazione. Ogni confratello si deve sentire coinvolto in essa, per condividere convintamente la gioia della propria vocazione. Ma dobbiamo sentirci coinvolti anche a livello comunitario; ogni comunità dovrebbe saper dire ai giovani: «Venite e vedrete» (cf. Gv 1,39). La pastorale vocazionale va inserita nel contesto della pastorale giovanile e deve accompagnarsi anche all’apostolato nelle scuole e alla pastorale universitaria[6].
- Riguardo alla formazione iniziale è preferibile, per quanto possibile, mantenere il legame con la propria entità, soprattutto nel tempo del noviziato. Al tempo stesso, è necessario favorire scolasticati internazionali. Questo sia nel senso che gli scolasticati esistenti devono essere aperti a ospitare confratelli di altre entità sia nel senso, più specifico, che il progetto e la comunità formativa devono avere un carattere internazionale. I formatori devono essere scelti e formati con cura. In quest’ottica si apprezza l’iniziativa del corso formatori che attualmente si tiene a Roma, anche se si potranno apportare dei miglioramenti nella struttura del corso stesso.
- Con votazione formale[7], il Capitolo ha ribadito quanto detto nello scorso Capitolo Generale: «Per favorire la dimensione internazionale nella formazione iniziale, si studi l’organizzazione stabile dello scambio di studenti, creando in ogni scolasticato posti destinati a giovani religiosi di altre Entità. Il Governo generale dovrà svolgere un ruolo di coordinamento di questi scambi, in dialogo con le Entità interessate.
- La formazione permanente è un compito che coinvolge ogni confratello. Non è solo una questione di aggiornamento intellettuale, perché riguarda ogni aspetto della crescita di ognuno di noi. Ogni entità è chiamata, nonostante le difficoltà che spesso si incontrano, a favorire iniziative in questo senso.
Lo spirito missionario
- A proposito della missione, ribadiamo con convinzione quanto recita il nostro Direttorio Generale: «Come Congregazione internazionale sentiamo l’appello alla missione universale della Chiesa e vogliamo prendere parte a essa, a livello individuale e delle nostre comunità» (DG n. 33,1). Tutte le entità della Congregazione si devono sentire coinvolte a rispondere a questo appello sia con la preghiera sia con il sostegno economico sia con l’invio di confratelli nelle missioni.
- Il nostro mondo è caratterizzato dal fenomeno di una sempre più crescente migrazione dei popoli e dai conflitti e povertà che ciò determina. Mentre rigettiamo ogni forma di populismo, che pretende di dare soluzioni miopi a un vero e proprio «segno dei tempi»[8], consideriamo che questo fenomeno richieda da noi un impegno concreto – per esempio anche attraverso comunità internazionali come segno di fraternità – nello spirito dell’attenzione ai grandi cambiamenti sociali e dell’opzione preferenziale per i poveri che hanno caratterizzato il pensiero e l’azione di padre Dehon.
- In un mondo sempre più complesso e globalizzato, riconosciamo che siamo chiamati ad agire in un orizzonte mondiale senza però dimenticare che dobbiamo assumere su di noi le gioie e le speranze, le fatiche e le sofferenze della gente in mezzo a cui viviamo. La nostra stessa vita dehoniana deve sapersi sempre più inculturare nei diversi contesti in cui è presente, per rendere sempre più vivo il carisma che ci è stata dato in dono. In mezzo alla diversità di culture e modi di vivere, siamo chiamati a condurre una vita il cui stile sia chiara testimonianza evangelica.
- È necessario che fin dalla formazione iniziale si coltivi un autentico spirito missionario. Ciò comprende sia la disponibilità all’invio in missione sia la capacità di comunicare anche ad altri l’urgenza del mandato missionario. In tale senso sono da promuovere ed eventualmente migliorare le iniziative del volontariato missionario e dei percorsi di formazione giovanile missionaria e sociale.
- Un segno di speranza è dato dal fatto che abbiamo sperimentato quanto sia vivo in noi lo spirito missionario che ci spinge, al di là delle difficoltà e della tentazione di richiuderci in noi stessi, a cercare nuove occasioni e nuovi spazi per l’annuncio del Vangelo. In tal senso vanno menzionate la nostra missione nella Comunità Internazionale dell’Asia (ICA), piccolo seme che sta già dando qualche frutto, e la ricerca di nuove presenze in Africa e in America Latina.
- Il Capitolo considera con favore la ricerca di nuove presenze missionarie. Esse vanno inserite in un piano strategico globale che tenga conto di tutte le varie missioni, più o meno recenti, della Congregazione. Tale piano dovrebbe prendere in considerazione, tra l’altro, il reperimento di confratelli disponibili alla missione, la configurazione giuridica della nuova presenza, la sua sostenibilità economica, il rapporto con le entità della stessa zona geoculturale. In esso si tengano sempre presenti i due principi complementari della solidarietà e della sussidiarietà.
A servizio dell’evangelizzazione
- Padre Dehon scrive che la verità e la carità sono state le due grandi passioni della sua vita[9]. Nella scia di questa affermazione, riteniamo che l’apostolato intellettuale sia parte integrante del nostro carisma per essere all’altezza delle attese della società del nostro tempo. Per questo è necessario anzitutto che si curi la formazione specifica in ambito teologico e delle scienze umane. Si sviluppi poi la nostra presenza nelle facoltà teologiche, nei centri di studio superiori, nelle pubblicazioni, nei mass media.
- I settori di apostolato nei quali siamo chiamati ad operare sono un luogo privilegiato per mettere in pratica e comunicare il nostro carisma. Così, il lavoro nelle scuole e nelle parrocchie deve far trasparire uno stile specifico che ci qualifica come religiosi dehoniani. È importante pertanto continuare nel dialogo all’interno delle varie entità per poter imparare insieme un tale modo comune di essere e di operare.
- Un aspetto che ci caratterizza come figli di padre Dehon è la dimensione sociale del nostro carisma. Mentre registriamo talvolta un preoccupante calo di attenzione su questo aspetto, ribadiamo l’importanza di un investimento più forte in questo settore. Senz’altro dovrà essere recuperato il tema proposto per la prevista Conferenza generale di Manila, così come potrà essere studiata la costituzione di un ufficio o di una commissione «Giustizia, pace e riconciliazione». La comunicazione delle iniziative delle varie entità in questo ambito è di grande aiuto per favorire una condivisione di progetti e di iniziative sociali.
Il servizio dell’autorità e le strutture di governo
- L’autorità all’interno della Congregazione è chiamata a servire l’unità e la crescita dell’intero Istituto. Essa dovrà cercare di contemperare la ricerca di una leadership efficiente con la cura della fraternità tra tutte le entità, la gestione centralizzata con il principio di sussidiarietà. Si studino forme di raccordo fra le entità e l’amministrazione generale che tengano presente questi aspetti.
- Con votazione formale[10], il Capitolo ha stabilito che il Governo Generale costituisca una commissione per studiare una revisione del Direttorio generale, nn. 132-134 per chiarire la figura del Vicario Generale, la presa di possesso del Superiore Generale e la presidenza del Capitolo generale, la durata del mandato del Procuratore generale e del Segretario generale. I possibili cambiamenti nel Direttorio Generale saranno proposti al prossimo Capitolo Generale Ordinario.
- Con votazione formale[11], il Capitolo ha ribadito quanto detto nello scorso Capitolo Generale: «Si studi la possibilità di creare nuove strutture d’organizzazione delle Entità, tenendo conto soprattutto di quelle più piccole, in fase di sviluppo o d’invecchiamento. L’organizzazione, di tipo federale, dovrebbe assicurare la specificità delle singole Entità, in uno schema di coordinamento comune (cf. DG, n. 124,5)».
L’economia della Congregazione
- Riconosciamo con gratitudine che la situazione economica della nostra Congregazione gode di una buona salute. Apprezziamo la politica economica di questi ultimi anni, portata avanti dall’economato generale. Al tempo stesso siamo consapevoli che ciascun confratello ha bisogno di una conversione permanente in questo ambito: ognuno è chiamato a vivere il voto di povertà, conducendo una vita sobria, mantenendosi possibilmente con il proprio lavoro, e crescendo nel senso di corresponsabilità verso l’intera Congregazione.
- Tra le azioni che riteniamo necessarie o auspicabili per continuare su questa strada menzioniamo: la cassa comune, l’apporto di tutte le entità al FAG (fondo aiuti generale), la creazione di un équipe di supporto in materia economica per le entità, la corretta rendicontazione nei bilanci e nei progetti, la determinazione del patrimonio stabile, il rispetto di linee guida comuni in tutta la Congregazione, la ricerca della autosufficienza economica e la necessità di un piano economico da parte di ogni entità, l’approvazione di un direttorio per gli aiuti alle famiglie di appartenenza, l’attenzione a una formazione dei confratelli in ambito economico.
- È stato proposto alla discussione capitolare lo «Statuto di aiuto intracongregazionale», che originariamente avrebbe dovuto essere presentato alla prevista Conferenza generale di Manila. Il documento ha lo scopo di offrire criteri alla Entità sul modo di gestione del FAG e dell’aiuto economico all’interno dell’Istituto.
Il Capitolo, con voto formale[12], ha approvato ad experimentum fino al prossimo Capitolo generale il testo dello «Statuto di aiuto intracongregazionale», affidando al Governo generale con l’aiuto della General Financial Commission, le integrazioni di eventuali emendamenti o correzioni secondo quanto suggerito dall’assemblea capitolare.
Comunicazione
- In un mondo nel quale cresce sempre più l’importanza della comunicazione, si continui a sviluppare in modo organico un ufficio specifico che provveda alla comunicazione interna ed esterna della Congregazione a nome del governo generale. Tra le iniziative di questo ufficio vanno menzionate tra l’altro la ricerca di una visual identity, ovvero di un simbolo distintivo della Congregazione facilmente riconoscibile, e la formulazione di un mission statement, in cui si trovi in breve l’espressione della nostra vocazione, della nostra visione, della nostra missione. Deve risultare chiaro comunque che non si tratta solo di una strategia comunicativa ma della ricerca della nostra comune identità, che eviti però l’uniformità.
Conclusione
- Con votazione formale[13], il Capitolo ha ribadito quanto detto nello scorso Capitolo Generale: «Noi, Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (Dehoniani), radunati nel XXIV Capitolo generale, in rappresentanza di 40 nazioni, desideriamo prendere posizione e affermare la nostra piena solidarietà verso i cristiani perseguitati. Invitiamo tutti i governi a mobilitarsi per assicurare ai cristiani il rispetto della loro dignità e dei loro diritti. Chiediamo ai mass media di combattere l’indifferenza generale e il silenzio. Ai nostri fratelli cristiani perseguitati riaffermiamo la nostra solidarietà e assicuriamo la nostra preghiera».
- Abbiamo sperimentato queste due settimane di Capitolo come un momento prezioso di grazia: un «kairos dehoniano». Abbiamo vissuto ancora una volta ciò che significa contribuire a trasmettere e interpretare l’eredità di p. Dehon per il nostro tempo. Le circostanze straordinarie di questo Capitolo, celebrato solo tre anni dopo quello precedente, ci hanno fatto vivere una situazione di «sorpresa».
- 34. In apertura del Capitolo, padre Carlos Enrique Caamaño Martín ci ha ricordato il desiderio di una Chiesa e una Congregazione più sinodali. Il Capitolo ha vissuto una tale sinodalità, anche nella motivazione di questo Messaggio finale. Ci siamo sentiti chiamati, sperimentando la nostra fraternità, a rendere la nostra presenza un segno profetico per questo tempo. Ci siamo resi conto della necessità di riformare e rivitalizzare alcuni aspetti della nostra vita, riguardanti la struttura, l’economia, la formazione, la vocazione, l’internazionalità e l’interculturalità nello spirito del Sint Unum. Nella forza dello Spirito, ci siamo sentiti chiamati, come dehoniani, a realizzare la nostra identità di profeti che, con cuore e mente aperti, rispondono agli appelli del mondo. Abbiamo celebrato questo Capitolo cercando la comunione nello Spirito. Chiediamo che la Vergine Maria e padre Dehon accompagnino nel loro ministero il nuovo Superiore Generale, padre Carlos Luis Suárez Codorniú, e i suoi consiglieri. Per tutti noi chiediamo la benedizione del Cuore di Cristo.
Roma, 27 luglio 2018
[1] «Discorso alle partecipanti al capitolo generale delle Pie discepole del Divin Maestro», 22 maggio 2017.
[2] 55 sì – 15 no – 7 astenuti.
[3] 76 sì – 1 astenuto.
[4] Dal 2014 al 2018 i membri della Congregazione sono passati da 2136 a 2076. In Europa si è passati da 879 a 800 membri, in America del Nord da 113 a 99 membri e in America Latina da 482 a 461 membri. Ha registrato un aumento il numero dei confratelli in Africa (da 339 a 344) e soprattutto in Asia (da 315 a 364).
[5] 60 sì – 14 no – 3 astenuti.
[6] Un aiuto alla riflessione su questo aspetto ci viene dalla Lettera dell’amministrazione generale dell’agosto 2017 e dall’Instrumentum laboris del Sinodo dei vescovi del prossimo ottobre.
[7] 39 sì – 32 no – 6 astenuti.
[8] Cf. Gaudium et spes, n. 4: «è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo».
[9] NQT 3, 342 (29 marzo 1886).
[10] 68 sì – 7 no – 2 astenuti.
[11] 63 sì – 13 no – 1 astenuto.
[12] 66 sì – 2 no – 9 astenuti.
[13] 54 sì – 17 no – 6 astenuti.