P. Ezio Toller
Nato il 12 settembre del 1936
Professione il 29.09.1954 – Ordinato il 28.06.1964
Morto a Quelimane il 26 gennaio 2021
Missionario in Mozambico dal 1965, padre Ezio Toller, che attualmente viveva a Quelimane, era nato il 12.09.1936 e aveva fatto la prima professione il 29.09.1954. Era stato ordinato sacerdote il 28.06.1964. Aveva anche ricoperto l’incarico di Superiore Regionale.
Si è sentito male nel primo mattino del 26 gennaio ed è stato subito accompagnato all’ospedale dove gli è stata riscontrata la positività al Covid19. Dopo poche ore è spirato. Nel CUI n. 491 dell’ottobre 2017 un lungo articolo firmato da lui racconta dei 70 anni di presenza Dehoniana in Mozambico.
Così lo ricordano alcuni confratelli.
Ricordo di p. Marino Bano
Ci ha lasciato, di fretta, p. Ezio Toller.
E forse senza neanche finire di raccontarci le ultime annotazioni sulla storia della presenza dehoniana in Mozambico o l’ultimo aneddoto sui suoi tre mesi di prigionia e “peregrinatio” con la Renamo. Sì, con p. Ezio Toller perdiamo forse l’ultima grande “memoria storica” della nostra presenza in Mozambico. Per 56 anni missionario in terra d’Africa ne aveva tante di cose da raccontare e soprattutto non disdegnava mai nessun invito a raccontare e a fare memoria: bastava dargli un piccolo input e lui partiva con i suoi racconti e le sue memorie che, se anche udite più volte, erano sempre piacevoli da ascoltare.
“Il mondo ha essenzialmente bisogno del Vangelo di Gesù Cristo – scriveva Papa Francesco per la giornata Missionaria mondiale di qualche anno fa – Egli, attraverso la Chiesa, continua la sua missione di Buon Samaritano, curando le ferite sanguinanti dell’umanità e di Buon Pastore, cercando senza sosta chi si è smarrito per sentieri contorti e senza meta. E grazie a Dio non mancano esperienze significative che testimoniano la forza trasformatrice del Vangelo”.
Padre Ezio è stato in Mozambico il Buon Pastore, saggio e prudente che ha saputo vivere i cambiamenti epocali del dopo Concilio senza trascurare di essere anche il Buon Samaritano che si prende cura di chi è abbandonato da tutti. “La missione della Chiesa, – continua Papa Francesco – “è animata da una spiritualità di continuo esodo. Si tratta di uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo”. Padre Ezio ha cercato con la sua vita missionaria di incarnare sempre questi principi, con attenzione pastorale e dedizione al servizio. Ha dedicato i primi anni del suo servizio missionario alla formazione, accompagnando i giovani Mozambicani che sceglievano di seguire la vocazione religiosa e sacerdotale. Divenuto superiore regionale dal 1974 al 1980 si è trovato a gestire il difficile passaggio dell’indipendenza che tante attese aveva suscitato nei missionari, subito smorzate dalle scelte politiche e amministrative improntate all’ideologia marxista più intransigente. Sono gli anni delle nazionalizzazioni delle missioni e di tutte le opere missionarie, delle restrizioni nell’esercizio del servizio missionario nelle comunità cristiane, delle grandi discussioni sull’opportunità di rimanere in Mozambico anche se costretti solo ad un servizio di “presenza” in mezzo alla gente o di rientrare in Europa in segno di protesta per le prevaricazioni subite.
Ma sono anche gli anni delle scelte ecclesiali importanti per una svolta decisamente laicale, con l’attenzione alla formazione e alla ministerialità, alla collaborazione fra Istituti religiosi e con la Diocesi, nello stile del “lavorare insieme”. Sarà importante – scriveva in una sua lettera ai confratelli – in un Mozambico orientato alla totale indipendenza, un lavoro apostolico qualificato per formare comunità capaci di ascoltare, servire e camminare insieme. Dopo l’indipendenza arriva la guerra civile e con la guerra tutte le difficoltà che questa comporta e che per p. Ezio riserva l’esperienza del rapimento, con gli altri due confratelli, p. Onorino Venturini e p. Biasiolli Vittorino, da parte della Renamo e i 700 km fatti a piedi da una parte all’altra del Mozambico prima di essere liberati in Malawi. E poi i rientri in Italia per le varie operazioni alla schiena e i gravi problemi alla gamba che hanno limitato molto la sua capacità di deambulazione, ma sempre con il desiderio di tornare in Mozambico per vivere l’esperienza missionaria fino all’ultimo respiro. E così è stato e ora osiamo immaginarti in Paradiso intento a raccontare a S. Pietro gli ultimi particolari inediti sulla presenza dehoniana in Mozambico e gli ultimi aneddoti sulla vicenda del rapimento.
Marino Bano
Ricordo di p. Elio Greselin
Caro Ezio te ne sei andato anche tu. Tutto si è svolto in fretta. Da qualche giorno ti sentivi poco bene ma quella mattina la situazione si era particolarmente aggravata, vai all’ospedale e riscontrano che sei positivo al Covid19. Dopo pochi ore smetti di vivere in questo mondo.
Sembra tutto piccolo finché siamo in questo nostro mondo e stiamo bene. Poi improvvisamente veniamo a contatto con la morte e tutto diventa grande, come è grande il mistero della morte che viene a chiudere il nostro futuro nel presente. Resta per me il dono della tua vita di confratello con il quale ho condiviso tanti anni di esperienza missionaria in Mozambico. Vicini di classe (eri una classe prima di me!), vicini di esperienza di vita di missione, vicini negli anni di tentativi per un nuovo stile di vita comunitaria in missione, abbiamo lavorato insieme nella ricerca del volto della nuova chiesa che scoprivamo essere chiesa di ministeri e chiesa di comunione. Il nostro stile di convivenza era tutto impostato su pochi concetti: vita fraterna in comunità, vita di fedeltà alla scoperta di vita ministeriale e comunionale, vita di servizio alle comunità cristiane, vita spirituale insieme tra di noi confratelli e una profonda osservanza della carità sacerdotale, dedizione alle comunità cristiane che facevamo nascere nell’apostolato diretto.
Anni di grandi ideali vissuti in continua ricerca di quello che il Signore ci faceva scoprire.
Abbiamo la coscienza d’essere stati i fondatori della chiesa in Zambezia e anche un po’ in tutto il Mozambico, negli anni forti dal 1970 al 1990. Anni di novità, anni di conversione personale, anni di ricerca del volto della chiesa laicale fondata sui ministeri e rispettosi della loro crescita.
Ora sei entrato nella casa del Padre che da sempre hai amato e dal quale ti sei sempre sentito amato. Ora sei in comunione misteriosa ma reale con il Cristo e pieno dello Spirito Santo di cui hai cercato sempre di scoprire quello che desideravano da noi. Ti ricordi le serate insieme in cui discutevamo di quello che Gesù avrebbe fatto se fosse stato al nostro posto: ci sentivamo dei pionieri sempre alla scoperta di novità e vedevamo con i suoi occhi il lavoro apostolico che cercavamo di fare assieme. E siamo coscienti di avere fondato una chiesa che Lui desiderava nascesse. Ora che sei con Cristo, nella sua pace e salvezza, continua ad essere costruttore di quello spirito che cercavamo fosse al centro della nostra vita di impegno e di servizio, su cui contavamo di continuare a vivere insieme con i nostri fratelli che Dio ci concedeva di incontrare. Continua a illuminare il nostro cammino e risveglia in noi quello spirito di donazione e di servizio che continua a spingere il nostro cammino ancora oggi. Ti affidiamo questa chiesa del Mozambico che è stata fondata dal nostro Cristo e per la quale hai dato tutte le tue energie. Che il Signore Gesù ti conceda finalmente il salario del buon contadino che ha dato se stesso per la salvezza del mondo
Aspettami! Staremo ancora insieme e ci affidiamo con fiducia al Cuore del Nostro Salvatore.
Tuo + Elio
Ricordo di p. Maggiorino Madella
Sapevo che era ammalato da tempo, ma la notizia della morte, poi in modo così repentino, è sempre una sorpresa e motivo di riflessione.
Ricordo il p. Ezio Toller come una persona seria, sempre impegnata, ma anche disponibile e generosa.
Il primo incontro è stato a Casa Sacro Cuore di Trento, quando entrambi eravamo “Apostolini”, ma lui fra i “grandi” e io fra i “piccoli”, con le distanze che allora erano consuete fra i due gruppi che impedivano una vera frequentazione e conoscenza.
Ci siamo ritrovati poi in Mozambico per tanti anni di collaborazione missionaria, anche se quasi mai nella stessa comunità. Il lavoro di evangelizzazione postconciliare, la storia del Mozambico e della presenza dehoniana erano interessi che ci accomunavano e ci hanno tanto appassionato e motivato.
L’ultima fase del colonialismo, l’Indipendenza, le nazionalizzazioni, gli incontri e le assemblee dei dehoniani, le grandi discussioni e le grandi scelte di trasformazione sociale ed ecclesiale, ci hanno visto lavorare fianco a fianco alla ricerca di nuove strade e nuovi modi di presenza.
Mi ha sempre colpito la sua grande attenzione per la formazione religiosa e sacerdotale dei giovani mozambicani che si è trasformata in disponibilità a lavorare in questo campo sia per il nostro Istituto, sia per le Diocesi Mozambicane. Del suo servizio di Superiore regionale ricordo l’insistenza con cui ci invitava a camminare e a decidere insieme. Con p. Ezio ho condiviso anche la malattia quando, nel 2000, ci siamo trovati in Italia insieme lui per le operazioni alla schiena e io per “aggiustare” la gamba ferita. Poi le nostre strade si sono divise: lui è tornato in Mozambico e io sono partito per l’Angola. P. Dehon, scrivendo ai suoi missionari, raccomandava: “Siate generosi fino all’ultimo”, p. Ezio ha vissuto questa raccomandazione da vero dehoniano.
Arrivederci p. Ezio.
Maggiorino Madella