P. Antonio Dall’Osto

Nato a DUEVILLE (VI) il 28 settembre 1931
Prima professione il 29 settembre 1948
Professione perpetua il 29 novembre 1952
Ordinazione sacerdotale il 21 settembre 1957

Attualmente risiedeva presso la Comunità di Nosadella (BO)

Le esequie funebri verranno celebrate lunedì 31 marzo2025, alle ore 10.30, nella Residenza Sacro Cuore (Bolognano) – Località Gazzi 2 – Arco (TN), dove si trovava per un periodo di cure e di asssitenza.

Era nato a Dueville, in provincia di Vicenza, padre Antonio, da Domenico e Regina Visonà, il 28 settembre del 1931. Battezzato il 3 ottobre nella parrocchia di S. Maria e Fosca nella medesima città, aveva poi ricevuto il sacramento della Cresima il 1° dicembre del 1940 a Villafranca.

Entrato come postulante ad Albino il 27 giugno 1947, l’anno successivo iniziò il noviziato ad Albisola il 28 settembre. Nella casa ligure emise la prima professione il 29 settembre 1948; seguirono le rinnovazioni annuali tra il 1949 e il 1951 fino alla professione perpetua a Monza il 29 settembre 1952. Allo Studentato delle Missioni fu ordinato prima diacono, il 06 aprile 1957 e poi sacerdote, il 21 settembre 1957.

Seguì gli studi ginnasiali ad Albino tra il 1941 e il 1947 e poi il Liceo e la Filosofia a Monza, tra il 1948 e il 1952. Frequentò poi la teologia a Bologna dal 1954 al 1959, fino alla Licenza in teologia presso Propaganda Fide nel 1964. È stato prefetto a Trento dal 1952 al 1954. A Bologna è stato redattore de Il Regno, presso il Centro Dehoniano, tra il 1959 al 1963; in seguito fu trasferito a Roma, presso la comunità di Cristo Re dove è stato cappellano e si è prodigato nelle attività editoriali fino al 1970. Ritornato a Bologna (nel 1970) al Centro Dehoniano, ha collaborato nella redazione di Religiose Oggi e dal 1997 è stato direttore di Testimoni. Ha trascorso la maggior parte della sua vita a Nosadella e ha concluso i suoi giorni a Bolognano dove si trovava, temporaneamente, per problemi di salute.

                                                                                                                      Simona Nanetti

Omelia di p. Bruno Scapin alle esequie funebri

(Bolognano, 31 marzo 2025)

Quali parole scegliamo per ricordare padre Antonio? Cercavamo un breve brano della Scrittura che “fotografasse” il nostro confratello e abbiamo deciso per il versetto: “Servo buono e fedele. Prendi parte alla gioia del tuo Signore” (Mt 25,21).

“Servo buono e fedele”. Davvero padre Antonio ha improntato la sua vita allo spirito di servizio.

Tolti gli anni in cui ha diretto la rivista “Testimoni” succedendo a padre Luigi Guccini, non ha mai ricoperto cariche di rilievo né in Provincia, né in comunità. Secondo l’invito di Gesù, non è vissuto “per essere visto dalla gente”. Sì, non è stato un padre appariscente.

Come ha speso i suoi talenti? Al Centro Dehoniano quasi tutti i padri lavoravano per la casa editrice, in particolare per le riviste.

E lui ne era pienamente partecipe. Troviamo il suo nome nel “Regno” degli inizi, e poi in “Ancilla Domini”, poi in “Ancilla”, poi in “Testimoni”… Quanto ha scritto!

Padre Antonio non era un creativo, ma la conoscenza delle lingue moderne gli ha consentito di dare un prezioso apporto, perché scopriva e traduceva articoli pregevoli sulla vita religiosa, ampliando l’orizzonte italiano.

Oltre a scrivere, padre Antonio ha tenuto corsi di esercizi spirituali, ritiri, istruzioni e conferenze soprattutto alle comunità religiose femminili. Egli, con un linguaggio semplice e piano, ha presentato una vita religiosa “dal volto umano”. Non ci sono mai nei suoi scritti i toni della denuncia o della severità. A partire dalla Parola di Dio, dalla vita dei santi, dai documenti ecclesiali e dalla quotidianità, esortava a vivere il proprio carisma in una serena semplicità, consapevoli che il Cuore di Dio abita la nostra fragile umanità.

In un cassetto della sua scrivania c’è un pacco di ricordini di suore defunte appartenute a vari istituti religiosi. Segno di riconoscenza per essere stato per alcune di loro padre e maestro spirituale. Tante le ha preparate e accompagnate alla professione perpetua.

Ha vissuto il servizio anche nel suo ministero sacerdotale. Per molti anni trascorreva la sua domenica in una piccola comunità di suore che accudivano donne sorde, mute e alcune anche cieche. Celebrava per loro al mattino e guidava l’adorazione pomeridiana. Era felice di condividere il suo tempo con queste creature molto marginali. Qui affiorava in pienezza la sua bontà d’animo.

Come pure un lungo servizio lo ha reso alle suore Minime dell’Addolorata confezionando praticamente da solo per tanti anni la loro rivista. Accanto alle loro quattro notizie riempiva le altre pagine di articoli brevi ma sostanziosi, adattandoli alla semplicità dei lettori.

In comunità è stato il religioso della fedeltà ai tempi della preghiera, ai suoi quotidiani impegni, agli appuntamenti comunitari. A proposito di questi ultimi, soprattutto nei consigli di famiglia, i suoi interventi (anche per la sua sordità) esulavano dagli argomenti trattati, soffermandosi piuttosto su riflessioni spirituali, quasi a riportare la nostra vita religiosa ai suoi principi fondamentali.

In uno degli ultimi consigli di famiglia disse: “Ormai il mio ministero sacerdotale è assai ridotto. Mi sono riproposto perciò di distribuire a coloro che frequentano il nostro santuario dei foglietti nei quali trovano scritti atti di affidamento a Gesù e a Maria, riflessioni sul Cuore di Gesù e sull’eucaristia, preghiere di abbandono. È il modo che mi rimane di fare un po’ di apostolato”.

Sono rimasto turbato quando ho saputo che spesso, nelle settimane che è rimasto tra voi, ha manifestato segni di impazienza e di insofferenza. Non era il padre Antonio che avevo conosciuto.

Dopo lunghi anni di buona salute, di cui era grato al Signore, ha avuto i suoi periodi di malattia. Mi stupivano due cose: la pazienza con la quale affrontava i giorni e le notti da ammalato rimanendo quieto, riposando e pregando. Solo dopo l’ultima caduta e l’ultima frattura era diventato più insofferente. La seconda cosa che ricordo con affetto era la gratitudine e la riconoscenza verso chi si prendeva cura di lui. Non mancava mai il “grazie”, “scusa del disturbo”, “ti ringrazio del tempo che mi dedichi”.

Ecco, anche in questa comunità ha avuto chi si è preso cura di lui.

Voglio ringraziare tutti voi che lo avete accolto, le attenzioni che padre Ilario non gli ha fatto mancare, la cura che gli ha prestato il personale.

Padre Antonio ha vissuto praticamente tutta la vita nella comunità di Nosadella, a Bologna. Non aveva provato perciò di persona cosa significasse il trasferimento a un’altra comunità. Sappiamo quanto sia doloroso per un anziano ancora capace di capire cosa voglia dire essere sradicati dal proprio ambiente. Ma qui non è trovato tra estranei. Ha trovato una comunità che gli ha voluto bene. Ricordo il giorno in cui l’ho accompagnato tra voi. All’uscita della messa, con quanto calore molti di voi lo hanno salutato. Un gesto di squisita fraternità. Riprendiamo ora la nostra celebrazione perché, accompagnato dalla nostra preghiera, questo “servo buono e fedele”, purificato dalle sue fragilità, possa prendere parte alla “gioia del suo Signore”.

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