Fr. Renato Gabriele Cavaliere

Fr. Renato Gabriele Cavaliere (RDC)

Fr. Renato Gabriele cavalieredi anni 76
Castelgomberto 02.02.1941 – Arco 10.07.2017

«È con profonda tristezza che apprendo in questo momento della morte di fratel Renato. Mi unisco alla preghiera dei familiari e di tutta la nostra famiglia religiosa scj. Nel lavoro quotidiano come falegname e con una presenza umile ed allegra ha servito per lunghissimo tempo i fratelli africani del Congo e le nostre comunità di vita e di formazione.  Lui lasciava la comunità di Babonde nel 2005 dove io arrivavo nel 2006 , dove ho potuto raccogliere semplici e belle testimonianze. Che il Signore lo accolga nella sua pace». p. Renzo Busana

L’eco del Congo non ha tardato a farsi sentire e non solo con questo simpatico ricordo di p. Renzo Busana, ma anche con quello di fr. Verrvein Mtoro Litekya, attualmente in dirittura di arrivo con i suoi studi allo Studentato di Bologna, che a tavola ricordava che il suo nome ordinario , quando anche lui era giovane è sempre stato “Monfrè”, proprio così. Anche il segretario della provincia RDC ha  chiesto al Provinciale ITS di essere informato sull’ora dei riti funebri, perché anche le comunità del Congo potessero essere unite in spirito a quanto si sarebbe compiuto in Italia.

Richiesto, non aveva aggiornato la sua scheda personale, così oggi è anche difficile dire con una qualche migliore approssimazione di lui e delle sue cose se non  ripescando vecchie carte. E recuperando qualcuno a delle sue lettere, esse pure, aimè, molto datate.

Le foto in questo archivio non sono subito rintracciabili e in taluni casi proprio non ci sono e la cosa talora inquieta qualche confratello volenteroso che vorrebbe che per i morti si riprendessero immagini aggiornate e possibilmente anche belle. Ma non è così possibile per tutti, anche perché alcuni confratelli sono schivi, non hanno  avuto il … culto delle immagini tra i loro problemi esistenziali. Anche per fratel Cavaliere quello che si è trovato a proposito di foto appare lontano da quella che era ormai la sua situazione recente, magari evoca ancora l’aria scanzonata che quelli che lo conobbero ad Albisola ricordano con facilità, quando con l’immancabile spolverino a coprire la veste e il grembiule blu si affaccendava in falegnameria.

Nato a Castelgomberto il 3 febbraio 1941 ed ivi battezzato (16 febbraio) e cresimato ( 22 maggio 1949), aveva frequentato due anni delle medie a Trento e il terzo ad Albisola (1952-1955) era stato ammesso al postulandato in quel di Albisola il 18 marzo  1956, ricevuto novizio il 28 settembre 1957 e aveva fatto la prima professione sempre ad Albisola il 29 settembre 1957, rinnovando poi  fino al 1961 ed emettendo i voti perpetui nel 1962.

Partito per  per il Congo era stato a Basoko a partire dall’1 novembre 1964, poi a Nduye nell’agosto 1975,quindi a Kisangani dal luglio 1977 e di novo a Basoko dal settembre 1978, per rientrare a Kisangani nel 1984.

Un vecchio numero della rivistina di Albisola “Madre di Pace” (n. 6 / 1964) porta una foto a tutta pagina in cui, ripreso di spalle, inginocchiato davanti a Mons. Luigi Bettazzi riceveva il crocifisso. A commento della foto la rivista riporta una sua lettera, la prima dalla terra in cui il  Sacro cuore  lo aveva chiamato. In quella lettera salutava la sua ex  comunità di Albisola, dalla Procura di Stanleyville, prima di ripartire a bordo una campagnola alla volta di Basoko.

Nella lettera ricordava  anche il primo sorgere del sole in terra d’Africa  in attesa di potere prendere un aereo, poi  di avere guardato dall’aereo la sconfinata macchia nera delle foreste equatoriali «regno incontrastato di  tanti animali feroci, ma sperdute in esse, molte anime attendono ancora di essere aiutate a diventare più buone».

L’Africa gli ha poi svelato un po’ alla volta il suo volto e lui pure, deposta la poesia degli inizi, si è cimentato con le fatiche feriali, i problemi del lavoro e dei rapporti con le persone. In un raccontino in forma di lettera agli “Ottimi Benefattori” di Albisola, narrava delle sue collaborazioni con i sacerdoti, di visite al lebbrosario, di festa di cinquantesimo per le suore di Basoko,  di incontro con i primi cinque aspiranti coadiutori congolesi, del primo Natale africano…

Negli ultimi anni aveva avuto difficoltà di salute e altre e al suo rientro in Italia, agli inizi degli anni 2000 si era cercato di convincerlo  fari curare bene. Poi l’ultimo ritorno e l’ultimo rientro con destinazione Bolognano, dove la morte lo ha colto ma all’ospedale di Arco il 10 luglio.


Il rito funebre per fr. Renato si è celebrato a Castelgomberto giovedì 13 pomeriggio con un gruppetto di confratelli, tanti compaesani e il Padre Provinciale ITS.


Omelia del funerale di fr. Renato Cavaliere

Castelgomberto – 13 luglio 2017

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (5,17-21)

Salmo responsoriale (dal Sal 102)
Rit: Misericordioso e pietoso è il Signore

Versetto all’ Alleluia
Ti rendo lode, Padre,
Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del regno.

Dal vangelo secondo Matteo (11,25-30)

Carissimi, familiari, parenti e amici di fr. Renato, carissimi confratelli, oggi salutiamo fr. Renato in questa che è stata la comunità cristiana che lo ha visto nascere e crescere. Qui è nato, qui è stato battezzato e cresimato. Una comunità che lo ha accompagnato nella sua scelta di dare la sua vita a Cristo e ai fratelli più poveri nelle missioni della nostra Congregazione in Congo, come fratello tra fratelli. Una missione, la sua, che è stata soprattutto segnata dal lavoro. “Era il fratello falegname”, ascolteremo nel breve ricordo di un confratello, missionario in Congo.

La sua vita terrena si è conclusa poco dopo mezzogiorno di lunedì dieci luglio nell’ospedale di Arco (TN) dove da tre giorni era ricoverato a causa del peggioramento della salute, compromessa ormai da molti anni. Nonostante questo ha sempre portato nel cuore il desiderio di ritornare in Congo.

Poco più di un anno fa – verso la fine di maggio del 2016 – ha dovuto fare ritorno in Italia. Un rientro sofferto. Lasciare il Congo, la sua missione per oltre 50 anni , gli era più doloroso della sofferenza fisica. “Per lui – scriveva p. Silvano Ruaro nella e-mail che annunciava il rientro di fr. Renato dalla missione di Nduye – dopo 54 anni d’Africa non sarà facile accettare il ritmo delle comunità italiane e soprattutto vivere dentro quattro mura… e non è stato facile convincerlo perché lui, come al solito, minimizza la gravità della sua situazione di salute”.

Oggi siamo qui per stringerci attorno a Fr. Renato sostenuti dalla fede in Cristo Risorto, nostro “ristoro”. Siamo qui per ringraziare il Padre per quanto ha donato a fr. Renato e per il bene che questo nostro fratello ha fatto. Siamo qui anche per rimetterci tutti, con fr. Renato, nelle mani aperte del Misericordioso, che “sa bene di che siamo plasmati, si ricorda che noi siamo polvere” e per questo non viene meno al “suo amore che è da sempre e per sempre su quelli che lo temono”.

È per l’opera di Gesù, la sua scelta di donarsi totalmente per ogni uomo, soprattutto per chi non può portare grandi meriti, che noi con semplicità e fede siamo qui. Crediamo, con fr. Renato, che in Gesù Cristo la grazia, la vita, sovrabbonda. Che lui ci rende ciò che dovremmo essere, sempre: figli dell’unico Padre, immagine di Lui. Noi crediamo che lasciandoci nelle mani di Gesù Cristo diventiamo uomini e donne ristorati, rimessi a nuovo; ricostruiti; salvati.

Lo facciamo riconoscendo la nostra stanchezza, la fatica dei giorni, che a volte sembra opprimente e soffocante.

Lo facciamo con la “sapienza” dei piccoli che si fidano del loro padre.

Lo facciamo con la sapienza del discepolo che sa di poter camminare e crescere solo unito al proprio maestro.

Prendete il mio giogo” – chiede Gesù, nel vangelo, ai suoi discepoli. Non ci chiede soggezione, servitù; ancora meno ci vuole umiliare. Ci propone di camminare con lui. Di mettere insieme, congiungere, la mia vita con la sua, la mia forza con la sua, i miei desideri con i suoi, la mia passione con la sua, il mio dono con il suo. Perché vita, desiderio, passione, dono, forza… tutto risulti dilatato.

Al Vangelo interessa che la nostra vita – qualsiasi sia la vocazione personale – cresca, si apra, trovi ristoro. Sia una vita che diventa sempre più capace di farsi dono, sempre più dilatata verso l’altro.

La vita di Fr. Renato è stata dedicata alla missione in Congo. Ogni scelta di missione come di apertura all’altro, è giustificata prima di tutto dalla grandezza dell’amore di Dio, che spinge ogni decisione e giustifica ogni dono di vita. In qualsiasi condizione ci troviamo, compresa la fatica, la malattia, le resistenze, gli errori. “Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore”, abbiamo pregato con il salmo.

È anche questo che come Sacerdoti del S. Cuore di Gesù vogliamo provare a testimoniare con la vita. Accogliere l’amore di Dio per noi fa crescere la nostra esistenza, la modella, la scolpisce. La rende un’opera d’arte anche nella sua semplicità. Potremmo dire anche nelle sue imperfezioni.

Il dono di sé che Gesù ha compiuto, chiede a noi il coraggio dell’abbandono, del lasciarci andare alla sua Parola. Lo è stato per fr. Renato ma lo è anche per ciascuno di noi che siamo qui oggi. Tutti siamo chiamati e inviati nel quotidiano perché la misericordia e l’amore del Padre per ogni uomo non sia mai dimenticato e non resti parola vuota. La vita donata per amore è sorgente di vita capace di sanare le ferite personali e sociali. È luogo di ristoro.

Concludo leggendovi prima alcune parole della prima lettera che Fr. Renato ha scritto appena arrivato a Basoko, sua prima missione in Congo e poi un ricordo di fr. Renato scritto da p. Giovanni Pross missionario in Congo.

«Ho lasciato Milano il 25 ottobre notte, in treno, per Bruxelles. Il tempo era umido e nebbioso, un po’ freddo; sembrava quasi volesse partecipare al dolore che provavo nel lasciare, la prima volta, i miei cari e l’Italia per tanti anni. (…) Finalmente il giorno 29 con l’aereo si punta verso Leopoldville (…) Al mattino ho visto sorgere il sole in quella terra cui guardavo fin da quando ero ragazzo. Mi sentivo forse un tantino emozionato ma profondamente felice (…) laggiù su di un affluente del grande fiume Congo c’è anche la “mia” missione… dicono che c’è molto da fare. In fondo sono contento; l’entusiasmo non mi manca; con l’amore e con l’aiuto del S. Cuore getteremo fiduciosamente la nostra rete».

«Nominare fr. Renato porta a pensare a letti, armadi, banchi di scuola o di chiesa, tavole e sedie. Era il “fratello falegname”. Forse perché un po’ sordo a causa del rumore delle macchine della falegnameria, difficilmente si accorgeva se qualcuno entrava nel locale dove lavorava. Come ti vedeva, però, faceva spegnere tutto e ti prestava tutta l’attenzione. Non era di molte parole, come del resto il suo protettore professionale S. Giuseppe, ma aveva il senso dell’accoglienza.

Non faceva rumore: ma mostrava sempre attenzione e sensibilità per chi aveva meno. Sembrava non fare attenzione ai richiami che molti confratelli gli rivolgevano a proposito della sua salute, quando sottovalutava i suoi problemi fisici.

Spesso lo si vedeva passeggiare con il rosario in mano. La sua devozione alla Madonna, soprattutto alla Madonna di Schio, lo ha portato a costruire un delizioso capitello con statua, nel cortile della falegnameria della missione di san Gabriele.

Quando si parlava delle comunità o dei confratelli, non pronunciava mai parole di critica. Esprimeva il suo disappunto, se era il caso, ma non giudicava le persone. Più volte aveva espresso il desiderio di morire in Congo. Non ce l’ha fatta. È riuscito tuttavia a celebrare i 50 anni di missione in Congo.

Fr. Renato ha formato diversi giovani dal punto di vista professionale, ma nella sua esperienza di missionario non ha solo fatto il falegname. Ha dato un apporto anche alla catechesi, soprattutto quando era a Basoko. È passato in molte comunità: a Mambasa, a S. Marta, a S. Gabriel, allo scolasticato p. Dehon, alla propedeutica Mons. Wittebols, a Babonde, a Nduye. Ed è proprio alla missione di Nduye, la missione di p. Longo e dei Pigmei, che ha vissuto la sua ultima esperienza missionaria.

In quasi tutte le nostre missioni molti mobili ci testimoniano del passaggio di Fr. Renato, ma il capitello in onore della Madonna nel cortile della falegnameria di san Gabriel è l’eredità più bella che ci ha lasciato». p. Giovanni Pross

Fr. Renato. Il Cuore amorevole di Cristo ti accolga nella sua pace. Amen.

P. Oliviero Cattani, scj
superiore provinciale

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