P. Angelo Cavagna
Nato a Serina (BG) il 2 dicembre 1929
Prima professione il 29 settembre 1947
Professione perpetua il 29 settembre 1951
Ordinazione sacerdotale il 01 luglio 1956
È morto a Bolognano il 28 aprile 2024
Padre Angelo era nato a Serina (BG), da Alberto e Clotilde il 2 dicembre 1929 ed era stato battezzato il 5 dicembre 1929 nella parrocchia di S. Maria Annunciata, dove fu anche cresimato il 15 settembre 1936.
Entrò come postulante ad Albino il 27 giugno 1946 e sempre alla Scuola Apostolica fece il periodo di noviziato a partire dal 28 settembre 1946. La Prima professione la emise ad Albisola il 29 settembrte 1947. Frequentò il Ginnasio ad Albino dal 1941 al 1946 e il primo anno di Liceo e Filosofia a Foligno (1947-1948) per poi frequentare gli anni successivi, fino al 1953, a Monza, dove conseguì la maturità classica. Nel 1951, il 29 settembre, emise la Professione perpetua. Studiò Teologia a Roma a partire dal 1953 ed ottenne la licenza nel 1957. Fu ordinato sacerdote il primo luglio del 1956. Fu prefetto di disciplina al Albino dal 1958 al 1961 e direttore spirituale presso la Scuola Missionaria di Padova dal 1961 al 1967. Passò poi allo Studentato di Bologna, come rettore, fino al 1971 e come vicerettore e maestro dei professi dal 1971 al 1972.
Trasferito a Modena, vi rimase fino al 1977 in qualità di responsabile della comunità e degli studenti di teologia. Al Centro Dehoniano, dal 1977 al 1979, iniziò la sua esperienza come collaboratore di Settimana, poi divenne responsabile della comunità di Bologna Siepelunga fino al 1987, mantenendo la sua collaborazione con Settimana. Nel 1989, quando era a Bagnarola, fu nominanto responsabile provinciale della Commissione “Giustizia e Pace”, incarico che gli fu riconfermato nel 2003. A Bagnarola restò a lungo, tra il 1989 e il 2008 e ne fu rettore per due mandati (2002-2005/2005-2008). Ritornò poi allo studentato di Bologna dove rimase fino al 2011. Il 31 ottobre di quell’anno fu trasferito a Bolognano, dove è rimasto fino alla sua morte, dopo anni di malattia, avvenuta alle ore 5.20 del 28 aprile 2024. Molto attivo in campo sociale, si definiva un prete-operaio fiero della sua esperienza «in agricoltura, come bracciante, addetto al trasporto fieno, paglia, letame, abituato ad accudire e mungere un centinaio di vacche in uno stallone, mattino e sera», come si legge in un testo che aveva scritto per un intervento, il primo maggio 1992, in Piazza Maggiore a Bologna alla presenza dei Sindacati, a favore della nuova legge per l’obiezione di coscienza. In realtà, come scrisse al confratello Giacomo Mismetti, non lesse il testo ma andò a braccio, soddisfatto che un prete per la prima volta prendesse la parola «in tale circostanza», presenti i sindacalisti della CGIL-CISL-UIL e dell’allora sindaco della città, Imbeni. Ha pubblicato “Strategie di Pace” edito dalla EMI e, da lui curato, Celebrazione di San Massimiliano Obiettore Martire, Atti del Convegno – Pellegrinaggio al Santuario Madonna della Pace di Albisola Superiore”.
Simona Nanetti
Omelia alle esequie di p. Angelo Cavagna
Bolognano 30 aprile 2024
La liturgia eucaristica per i defunti sottolinea in tutte le sue preghiere e in tutti i suoi segni la promessa della vita eterna. Nelle letture bibliche l’elaborazione comunitaria del lutto è sollecitata ad aprirsi alla dimensione ultima, all’escatologia. L’accompagnamento del defunto, la sua collocazione centrale, il suo essere rivolto all’altare raccontano l’affidamento di noi sopravvissuti e credenti raccolti in preghiera al Padre perché accolga fra le sue braccia, perdoni i suoi peccati e soprattutto sorrida alla inguaribile generosità di p. Angelo.
In questo momento fare memoria di lui legittima un modo particolare di attraversare la Scrittura. La vita del credente è sempre anche una sorta di quinto evangelo o meglio, l’illustrazione di una o dell’altra pagina del libro sacro.
Pensando ad Angelo il testo che mi è vento in mente è la parabola del fico (Lc 13,6-9) per il suo legame alla terra e il suo orgoglio di essere “prete contadino”. Pensando al suo entusiasmo e alla nostra assemblea orante mi è parso poi importante scegliere come prima lettura uno dei testi suggeriti dalla liturgia e cioè la visione della Gerusalemme celeste in Ap 21,1-7.
Il testo di Luca racconta dell’aspettativa del proprietario del fondo rispetto alla pianta di fico che da tre anni non dà alcun frutto. Ma il vignaiolo, il contadino responsabile del fondo, chiede una ulteriore attesa finché «gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime». È l’ultimo termine di grazia che Gesù propone a Dio suo Padre. L’opera di Dio raggiunge con Gesù la sua meta. Il tempo si fa breve. Gesù è l’estrema possibilità di conversione perché i tempi ultimi sono già cominciati. Per questo il discepolo deve portare frutto, ma in Cristo c’è un di più di misericordia espresso dalla richiesta del vignaiolo: aspetta ancora un po’.
Angelo, dopo la lunga stagione di educatore (prete dal 1956), a partire dagli anni ’70, si è immerso, in fedeltà a ciò che il concilio chiedeva, in un nuovo rapporto con le cose e, quando gli è arrivata la possibilità, verso la terra e le bestie. Lavorava in uno stallone riprendendo la sua origine contadina in un nuovo contesto di agricoltura intensiva. Ma quando era alle prese con le piante, per sradicarle o per innestarle, metteva in opera una grande pazienza. Affrontava la zappatura o la potatura con l’evidente imprecisione del ricominciante, ma con una forza che ne compensava l’incertezza. Certo avvertiva il peso del lavoro che affrontava con la sua robusta costituzione fisica. Tornava in comunità al mattino verso le 9, dopo quattro ore di lavoro in stalla per immergersi in mille altre occupazioni e ritornare dalle sue bestie per altre quattro ore la sera. L’inserimento in un ceto popolare gli era congeniale e tuttavia avvertiva il permanere dell’antica distanza del prete rispetto alla gente comune.
Un interesse ulteriore era verso la missione. Non è mai stato missionario “ad gentes” e non so se ne fece domanda. Di certo la propensione ad uno sguardo mondiale gli veniva da lì, dalla pratica missionaria della congregazione. Intercettando con un sicuro istinto spirituale le nuove esigenze, in particolare verso i laici. Decine di giovani sono stati da lui formati e sostenuti nella scelta al servizio internazionale. L’incontro con l’on. Giovanni Bersani e l’organismo di servizio da lui promosso (CEFA) hanno permesso ad Angelo di unire la dimensione educativa a quella missionaria in un gruppo da lui fondato, il GAVCI. Adattandosi senza fatica alle esigenze di una “carità regolata”, alla necessità dell’aiuto, ma anche del controllo e della verifica sulle operazioni che si avvivano nei paesi del terzo mondo, in particolare in Africa. Era solito richiamare a quella che lui indicava come “doppia responsabilità”: da un lato il percorso di sviluppo delle comunità africane e dall’altro l’impegno per il nostro territorio e il nostro paese.
L’educazione e l’apertura internazionale hanno propiziato l’incontro con la proposta dell’obiezione di coscienza al servizio militare per scegliere il servizio civile. Angelo, come era sua solito, si buttò nell’impresa. È considerato a ragione uno dei fondatori in Italia del movimento per l’obiezione di coscienza, fedele e rigoroso anche nei primi momenti non facili rispetto alla cultura generale. Immediato e cordiale l’approccio alla Caritas di mons. Nervo e del suo successore, mons Pasini. Tutti convinti che la carità e il servizio fossero elementi essenziali non solo del fare della Chiesa, ma del suo essere.
E in particolare sul tema della pace. Migliaia di volte ha citato assieme il testo dell’articolo 11 della Costituzione «L’Italia ripudia la guerra», in parallelo alla condanna del Concilio: non ci inganni una falsa speranza perché l’umanità già corre gravi pericoli e in futuro «non altra pace potrà sperimentare se non la pace di una terribile morte» (LG, EV 1610). Così come il testo della Pacem in terris di Giovanni XXIII che considerava il bellum come alienum a ratione (n. 67). Con generosità rispondeva a tutte le richieste di testimonianza e di riflessione (da qui sono nati i suoi libri in merito). È noto tra i confratelli il caso in cui, rispondendo al telefono a proposito di una richiesta di presenza e di conferenza, aprendo la sua piccola e ormai sformata agenda, legata con una catenella ai pantaloni, si sentivano le sue risposte agli interroganti: quel giorno no, quell’altro neppure, ecco un buco libero … ieri.
Il no assoluto alla guerra lo sento di grande urgenza oggi, quando la guerra è riapparsa sui territori europei e limitrofi. Ma credo che il no assoluto alla guerra sia anche prossimo nel suo cuore sacerdotale e dehoniano alla radice biblica dello Shalom e al dono ultimo della Gerusalemme celeste. Il cielo nuovo e la terra nuova accolgono la nuova Gerusalemme che scende dall’alto e abiterà in mezzo ai popoli. La discesa della Gerusalemme nuova viene interpretata e illustrata da una voce che il Veggente di Patmos attribuisce a Dio. Gli uomini saranno suoi popoli «ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte, né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate» (Ap 21,4). Sono i versetti che alcuni esegeti ritengono come il testo più autorevole, più impegnato e impegnativo di tutta l’Apocalisse.
Chiedo scusa se ad alcuni sembrerà improprio interpretare la Scrittura a partire dal vissuto del credente e non viceversa, e ritenere che il quinto evangelo sia una fuga e un commento inadeguato e infedele al testo. Ma per come abbiamo conosciuto Angelo nella sua disarmata semplicità e letizia, anche se la sua vita non è una pagina del testo scritto è stata tuttavia una pagina evangelica per noi e così lo vogliamo ricordare.
p. Lorenzo Prezzi